Il significato delle parole che compongono il nome Monte-Leone hanno una loro storia: monte in latino era mons, leone, che può essere nato da legumi, o legionis (forza militare), o leonis (leone); a loro volta questi tre nomi possono derivare dal preistorico lehum o legun. Nei documenti dei frati farfensi e dalle carte fermane il Leoni, sembrerebbe far pensare al nome dei fondatori; è possibile che ci siano stati più fondatori perchè l’insediamento era sparso in varie contrade e località. I Piceni, avevano stabilito le loro abitazioni sui versanti assolati dalle colline, preferendo le alture. La dislocazione era per nuclei familiari: è probabile che ci fossero dei piccoli raggruppamenti in ogni posizione dominante del territorio, al centro di quelle che saranno più tardi le contrade. I nomi di Valle Corvone, Chiavanella, Colle (Altare), Madonna di Loreto e S. Maria in Paganico, infatti, offrono ai linguisti l’idea degli aspetti caratteristici dell’insediamento umano nei secoli. Le famiglie, abitavano in gruppo presso i terreni che coltivavano, così, ad esempio, Corvone deriverebbe dall’accrescitivo di nomi di persona Corvus o Corvinus; mentre, Paganico o Paganaco, trarrebbe da Pagano, abitante di un pagus (villaggio); oppure Colle, in passato associato ad Altare, o Ara, che sarebbe stato presente nella parte alta del colle. Le ultime due contrade, farebbero riferimento ad un culto pagano del periodo imperiale romano; ne discenderebbe il nome dato alla parte della contrada che guarda verso il torrente Lubrico, Colle Altare, mentre la parte che prosegue verso il fiume Ete vivo prese il nome di S. Maria in Pagano. L’evidenza di un culto pagano deriverebbe anche dallo stesso nome Lubrico, equivalente a fosso di scarico del sangue e dei resti delle vittime sacrificali. I Romani, subentrati ai Piceni negli ultimi secoli prima di Cristo (forse con la colonizzazione di Servigliano), scelsero, invece, di abitare in pianura o nei ripiani intercollinari in vicinanza di una fonte o pozzo, permanendo poche abitazioni sulle colline. Appare certo che nel I secolo avanti Cristo il centro amministrativo dei dintorni era il municipium romamum a Falerio, oggi Piane di Falerone: quindi, secondo la tradizione più attendibile, in questi luoghi furono inviati i soldati veterani dal triumviro romano Pompeo, vissuto dal 106 al 48 avanti Cristo. Nel 410 circa iniziarono, con la decadenza dell’Impero Romano, le massicce invasioni dei Visigoti, dei Goti, degli Unni e verso il 570 giunsero nel Piceno i Longobardi che assediarono la comunità locale. Sembra che esistessero due aggregazioni riunite in un unico municipio: il primo detto Mons Leohun, in zona Poggio Castello (il colle è ora in contrada Madonna di Loreto), il quale sarebbe caduto sotto i Longobardi; ed il secondo insediamento detto Torre di Casole (attuale paese) che per 12 anni sostenne l’assedio per merito di un condottiero chiamato Leone.
Dal nome del suo difensore sarebbe derivato Monteleone, sebbene alcuni precedenti documenti scrivano chiaramente Mons Leonis (monte del leone). Lo sviluppo cambia corso con la diffusione del cristianesimo. San Maro, detto Marotto, o Marone, o Mauro è il primo presbitero martire del Piceno, vittima della persecuzione di Domiziano attorno al 96. Fu condannato a morte, forse, sul Monte Aureo al 130° miglio della Salaria, presso Monterone di Monteprandone. Il culto del Santo si diffuse in tutto il Piceno, secondo itinerari incerti segnati dalla permanenza del Santo. Nella sede dell’antica Curtis (corte, insediamento rurale), a nord-est del Poggio Castello, nella piana dove forse rimase in esilio S. Marone, sorse la chiesa omonima, dando vita alla medievale Curtis S. Marotis. Le carte dei frati farfensi sono le più antiche testimonianze scritte su Monteleone, almeno fino al XIII secolo, vale a dire per il periodo nel quale la corte rimase possesso dei monaci farfensi. Nell’anno 705 ci fu una donazione dei Longobardi della possessione o della corte di San Maroto (Curtis San Marotis) all’abbazia dei benedettini di Farfa, a seguito della conversione della loro regina Teodolinda. Secondo i documenti farfensi, una chiesetta era qui intitolata al santo protettore dei Longobardi, Sant’Angelo in Favale: fino ai catasti del 1870 esiste, in effetti, una chiesa di Sant’Angelo, in Via Foce 57, l’attuale Via Colle n. 9. Nel 967 l’imperatore Ottone I confermava le antiche proprietà all’abbazia di Farfa; Leone fu colui che recuperò dalla dispersione e dagli usurpatori la Curtis San Marotis, che prese il nome di Monteleone dagli stessi coloni provenienti da Monteleone Sabino, è questa un’altra versione sulla derivazione del nome del paese, da cui partono via anche le reliquie della loro Santa Vittoria, collocandola nella chiesa priorale sul colle che prese il nome di Santa Vittoria in Matenano. L’abate farfense Berardo III (1099-1119) costruì una torre di forma esagonale irregolare con la caratteristica forma a punta, fu distrutta nel 1252 nell’assedio dei Fermani ai castelli di “Casigliano, Torre di Casuale e Monte Leone”; quindi fu ricostruita nel XIV secolo sulla pianta o sul troncone di quella precedente. Nel 1269 il nobile Ruggiero Suppi, podestà di fermo, prese le difese della comunità di persone che un tempo avevano abitato Torre di Casole. Dopo la morte di Federico II a Palermo, la successione imperiale diede occasioni a ribellioni e Monteleone rientrava nei possessi strategici di Fermo, mentre l’abbazia di Farfa appariva schierata con la parte imperiale. Nel XIV secolo la storia di questo paese è legata alle vicissitudini delle signorie di Fermo; mentre nel secolo successivo si assiste al passaggio non solo di ricorrenti epidemie, ma anche di truppe mercenarie al comando di capitani di ventura. Dai documenti ecclesiastici si attesta che nel 1406 un chierico di Rieti ottenne l’ufficiatura della chiesa di Sant’Angelo in Favale; nel 1432 la parrocchia di San Giovanni era assegnata ad un tedesco; nel 1438 Menicuccio Cole monteleonese lasciava per testamento parte del suo denaro alla chiesa di S. Giovanni, a quella di S. Maroto e alla chiesa di Santa Maria di Loreto. Nel 1509 ci fu una visita pastorale di don Nicola De Nigris da Monte San Marino, che diede impulso alla costruzione della chiesa di S. Maria della Misericordia, autorizzata nel 1526 dalle autorità ecclesiastiche, realizzata dal Comune, e consacrata il 27 maggio 1543. Poche e frammentarie sono le notizie riguardanti i secoli XVII-XVIII, tuttavia il paese è sempre stato l’influenza della città di Fermo. Dal 1808 Monteleone fa parte del Regno d’Italia Napoleonico, poi, dopo la caduta di Napoleone, sarà sotto lo Stato della Chiesa fino al 1861, quando entrerà a far parte del Regno d’Italia. Dal 1808 al 1818, i paesi di Monsampietro e Sant’Elpidio Morico, sono annessi come frazioni a Monteleone. Il 20 dicembre del 1863 si ha il cambiamento di denominazione del Comune, che aggiunge al nome Monteleone l’epiteto “di Fermo”. Il 20 settembre del 1870 viene aggregata al Comune la frazione di S. Elpidio Morico, che ritorna definitivamente con Monsampietro Morico dal 1° maggio 1893.Monteleone di Fermo sorge a 427 m s.l.m. sulla strada che da Servigliano porta a Montèlparo, nell’alta valle dell’Ete Vivo tra il mare Adriatico e i monti Sibillini. Proprio l’Ete Vivo segna i confini nei lati occidentale e settentrionale, mentre ad oriente scorre il torrente Lubrico, ed a mezzogiorno il territorio confina con quello di Montèlparo. Sembra che Monteleone sia stato colonizzato dai romani, insieme a Servigliano, quando queste terre furono assegnate dal Senato a Pompeo Magno: si sviluppò, di conseguenza, con la colonia di FALERIUS PICENUS (Piane di Falerone). Nel VI sec. d.C., con la decadenza dell’impero romano, il territorio fu invaso dai barbari. Infatti sembra che vi fossero due fabbricati formanti un unico Municipio. Il primo detto MONS LEOHUM, in contrada Poggio Castello, caduto sotto i Longobardi nel 533. Il secondo detto Torre di Casole(i) che avrebbe resistito all’assedio per dodici anni per merito di un certo Leone, da cui sarebbe derivato il nome dato al paese, sebbene alcuni antichi documenti scrivano chiaramente MONS LIONIS.